RIASSUNTO: Nello scorso episodio, Moonfang si becca
una carie maiuscola a causa di certe terribili merendine somministrategli a
tradimento per tenere fermi i VGL a Chicago. Portato a forza dal Dr. (Bob) Doom
di Shehulkiana memoria, il licantropo quasi corre il rischio di venire sdentato
da un sadico innamorato delle sue zanne…
PROLOGO: I Magazzini
Loreson, copertura della divisione locale dello SHIELD, Chicago.
Il Supervisore di filiale, Alexander Goodwin Pierce, entrò pimpante
come Wanda Osiris. Superata la porta, fece una bella giravolta e olè, dritto
nella sua poltrona. Come al solito, allungò le gambe sulla scrivania, e si
accese un sigarone extralarge. Tra un tiro e l’altro, mormorò la Carmen.
“È un pezzo che non la si
vede così in forma, capo,” disse il suo assistente porgendo una pila di
fascicoli. “Cosa si è preso, stavolta?”
Pierce prese il primo foglio
della pila ed iniziò a studiarselo con aria serafica. “Io? Assolutamente
niente, caro Ned; in compenso, ho appena mandato i Vendicatori in vacanza,
abbastanza lontano da qui e in un posto abbastanza isolato perché non possano
materialmente combinare guai. E se saremo fortunati, saranno loro stessi a
chiederci di restare in vacanza permanentemente. La vita bella, caro mio…chissà
perché non ci ho pensato prima….”
MARVELIT presenta
di Valerio Pastore
Episodio 12 - GREAT BALLS OF FIRE (Ovvero: Momenti di
Gloria)
Parco Statale del Lago
Le-Aqua-Na, Stephenson County, Lena, Illinois
Un quadro idilliaco: bambini
che giocano sulle rive del lago. Genitori intenti a farsi la dose di
tintarella. Pescatori fermi in mezzo al lago, limitandosi a pescare più fra le
braccia di Morfeo che quelle di Nettuno. Giovani coppie intente nell’eterno
gioco delle relazioni estive. Fusti per tutti i gusti intenti a sfoggiare i
risultati di un anno di palestra…Con scarsi risultati, purtroppo: tutte le
ragazze nel raggio di un chilometro facevano la fila per stare vicino al grosso
lupo mannaro che si stava esibendo a
sua volta. Loro gli si attaccavano ai bicipiti e lui le sollevava anche a due
alla volta; sfoggiavano sorrisi milionari, e lui tirava fuori delle zanne da
paura.
“Ashley, carissima, il tuo
amico peloso è una miniera d’oro,” disse il fotografo, intento a scattare come
se la sua macchina fosse stata una mitragliatrice -quello era un raro caso in
cui il modello poteva assumere qualunque posa e sarebbe venuta una signora foto
lo stesso. “Non ha delle amiche? Un servizio con entrambi i sessi sarebbe una
bomba!”
Ashley Crawford,
seduta su una sdraio, sorseggiava uno scotch on the rocks con fettina di
limone. Guardò il fotografo attraverso gli occhiali a specchio. “Puoi provare a
chiederlo a lui, ma temo che Lycus
sia alquanto riservato sui suoi simili. Accontentati e ringrazia.”
“Oh, su questo ci puoi
scommettere! Te ne devo uno.”
In quel momento, Lycus
depositò a terra tre delle sue ammiratrici; si avvicinò ad Ashley, e si mise
sdraiato accanto a lei.
“Non so neppure cosa ci trovi
in te, palla di pelo,” disse lei, dopo essersi bevuta un altro sorso. “Ho un
codazzo di ammiratori che venderebbero l’anima solo per stare una notte con
me.”
“Il fascino della pelliccia,
immagino. Trovalo in giro un altro boyfriend come me.”
Lei sospirò. “Vero. Anche se
scommetto che non sarebbe difficile trovarne uno meno imbranato.”
“*Whine*”
Ashley si tolse gli occhiali.
Aveva un’espressione intensa. “Dici di essere uno tosto, ma che ci fai in
questa banda di matti? Non riesco neppure ad immaginare ragioni di spionaggio:
saremo anche stati accettati dai Vendicatori, ma non abbiamo autorizzazione
d’accesso ai loro archivi, non senza stretta supervisione. Non certo per il
potere, o dubito che ti saresti scelto noi.” Concluse la tirata con un’occhiata
interrogativa.
Lycus, che stava sdraiato sui
gomiti, si mise completamente sdraiato, incrociando le braccia dietro la testa.
“Il Consiglio del Popolo ha bisogno
che io faccia branco con voi, ecco perché sono dei vostri.”
“Il…Consiglio..?”
“Il Popolo sono i lupi,
naturali o licantropi che siano. Il Consiglio è composto di quattro mannari, i
soli sopravvissuti ad un antichissimo conflitto. Hanno ormai oltre centomila
anni, ed il loro potere e la loro conoscenza sono quelle degli Dei. Solo grazie
a loro esistiamo ancora come specie, invece di essere stati completamente
eliminati.”
“E che cosa vuole questo
Consiglio dai Vendicatori dei Grandi Laghi?” Ora Ashley era davvero
incuriosita: fino a quel momento aveva dato Moonfang per scontato, solo una
delle bestie mannare che si aggiravano per il mondo. L’idea che facesse parte
di una…civiltà era, per così dire, disorientante…
“Non lo so. So solo che è per
il bene del Popolo, e tanto mi basta.”
“E se si sbagliassero?
Insomma, neppure gli Dei sono infallibili…”
L’occhiata che lui le lanciò,
senza dire una parola, la fece rabbrividire. Era la prima volta che lo vedeva
con un’espressione insieme offesa e minacciosa
nei suoi confronti..! Saggiamente, decise che era meglio godersi il resto delle
vacanze senza tornare sull’argomento.
Le
restava solo un dubbio: l’aveva abbordata per sincera attrazione o per interesse? Non poteva immaginare cosa ci
potesse guadagnare un licantropo da una top model, ma lei era francamente
contenta di una relazione non polarizzata dal fascino del denaro! Non avrebbe
sopportato di essere trattata ancora una volta come un ‘giocattolo’..!
“Sei un supereroe, signore?”
L’uomo a testa in giù, appeso
ad un ramo proprio sopra il bambino che aveva posto la domanda, fece un largo
sorriso. “Penso proprio di sì, giovanotti. Anche se devo confessare che sono io ad ammirare voi.”
“Davvero?” fece la seconda
dei due frugoli in precario equilibrio su un grosso ramo. Aveva il volto rigato
dalle lacrime e gli occhi rossi.
Craig Hollis
annuì. “Essì. Io mi sono allenato duramente per fare questi scherzi; voi come ci siete riusciti?”
“Teddy ha scommesso che non
sapevo stargli dietro!” fece la bambina, praticamente una gemella del ragazzino
dai capelli rossicci e la faccia lentigginosa. Insieme non avranno messo insieme
11 anni.
“Siete gente di montagna?”
chiese Craig.
“Sì,” rispose Teddy con
orgoglio. “Veniamo dal Vermont!”
“Posto carino, e un sacco di
arrampicate da fare…Sentite, vogliamo continuare a parlarne a terra?”
“Ci fai scendere, signor
supereroe?” chiese la bambina.
“Be’…Io non ho spazio per
tutti e due, e poi non ho le cinture di sicurezza…Facciamo così: lo scivolo vi
va bene lo stesso?”
“Sìì!” fecero i due in coro.
Per tutta risposta, uno scivolo vero apparve accanto al loro ramo.
“Ogni vostro desiderio è un
ordine. E ora, discesa!”
Quando i bambini furono a
terra, l’elastico corpo di Harold Ventura
tornò ad una forma più consona. I genitori dei discoli ringraziarono
sommariamente i due eroi in borghese, per poi iniziare a preparare -con
discrezione- gli strumenti di tortura necessari a disciplinarli.
“Famiglia simpatica,” disse
Craig, mentre si allontanava al fianco dell’amico. “Mi ricorda la mia. Papà
aveva l’abitudine di menarmi una volta all’ora, non importava se avessi fatto
il cattivo o meno, e mamma mi teneva fermo.”
Harold, le mani affondate
nelle tasche della sua giacca leggera, disse, “Mi sorprende che con un simile
precedente tu abbia voluto fare l’eroe. Come mai erano così violenti nei tuoi
confronti?”
“Lui era un alcolizzato, lei
una prostituta tossicodipendente; io e mia sorella gemella un ‘incidente di
percorso’.”
“Tua..?”
“Siamo nati in un quartiere
popolare di Londra. Ricordo che i primi abusi arrivarono quando ero in culla.
All’epoca i vecchi si alternavano fra me ed Evelyn. Credo che il mio potere di
immortalità si fosse scatenato quando avevo ancora pochi mesi…capirai, con le
pressioni ambientali che c’erano…”
“Tua sorella?”
“Papà era molto contento di
me: poteva uccidermi quante volte voleva e poco dopo io ero sempre pronto per
un altro round. Si arrabattava con piccoli lavori qua e la, quando ne trovava,
perciò mi uccideva solo alla sera; una volta, di Domenica, mi fece fuori tre
volte in una mattina.”
“Non sapevo che avessi una
sorella.”
“Evelyn se ne andò di casa a
dieci anni, e non dovette neppure impegnarsi a fare perdere le sue tracce: i
miei non avevano la minima voglia di riprendersela. Io tenni duro per un altro
paio di anni, anche perché avevo un’amica, forse la sola al mondo.”
“Dinah?”
Craig si appoggiò con la schiena ad un albero; i suoi occhi spaziarono
senza una direzione precisa, ma lui sapeva che lei era da qualche parte, a
vigilare su di lui. “Proprio lei. Mi ricordo ancora la sua prima apparizione, quando
avevo nove anni: era bella e aggraziata come un angelo. Mi ha insegnato la sua
lingua, e mi è stata sempre vicina…e cantava quella strana nenia quando
cominciavo veramente ad arrabbiarmi…
“Quando ebbi dodici anni, il
giorno del mio compleanno, papà e mamma festeggiarono con una batosta speciale;
odiavano il solo fatto che fossi nato, e la mia immortalità non li divertiva
più, li irritava ancor maggiormente. Ma quella volta ebbero una bella sorpresa:
ebbi la mia prima crisi di berserk.
Appena fui rinato, mi scatenai in modo incontrollato; vedevo rosso, e quando
riacquistai lucidità, scoprii di avere fatto un macello. Non avevamo molto, in
casa, ma quello che c’era era ridotto in briciole…come i miei genitori.
“Ricordo distintamente di
essermi seduto a terra e di avere cominciato a ridere in modo sguaiato. La
polizia mi trovò così, tutto coperto di sangue e felice come non mai. Dinah non
c’era, ma riapparve la settimana successiva, quando ero in riformatorio -oh,
quello non durò molto, le autorità furono felicissime di lasciarmi andare, soprattutto
dopo che avevo ridotto a malpartito metà dei miei ‘compagni’ e alcuni
carcerieri.
“Passai un lungo periodo
sotto sedativi,passando da un ospedale all’altro. In qualche modo, Dinah
riusciva a starmi dietro, e fu lei ad aiutarmi a ritrovare le rotelle. Un mese
dopo essere stato dichiarato ‘guarito’, la convinsi ad iniziare un’attività
supereroistica. Il resto lo conosci.”
Harold scosse la testa. “Di
una cosa sono certo, adesso: non conosco affatto te…Ma è vero anche che avevo
troppa voglia di imitare fino in fondo il mio idolo, Mr. Fantastic, per pormi troppe domande. So di supercriminali che
per molto meno di quello che hai passato tu hanno deciso di conquistare il
mondo. Cosa ti ha spinto con una simile forza verso il bene? Il desiderio di
non permettere che simili atrocità non capitano ad altri? Fare la tua parte per
dare l’esempio? Migliorare la Società…”
“La ‘S’. È minuscola.”
“Scusa. Dicevo…”
“Sì, sì, ho capito. A dire il
vero, ho scelto questo mestiere perché così posso darle di santa ragione a un fracco
di gente e senza finire in carcere ogni volta. Anche questi attacchi di Berserk
tornano molto utili per…”
“Come non detto,” sospirò
Harold. Almeno, come Vendicatori a qualcosa servivano.
Comunque, c’era almeno da sperare che l’autore, questa volta, si decidesse ad
attenersi a questa spiegazione…Hm?
Qualcosa attirò l’attenzione
della sua analitica mente: un elemento che, istintivamente, lo inquietò.
Un filo di fumo. Dalla
foresta…In quella direzione, però, c’era anche lo spazio dedicato alle
roulotte. E Stewart Cadwell aveva
detto che avrebbe fatto almeno un grill-party…
Il filo di fumo, in quel
momento, si ingrossò di colpo! Un po’ troppo, persino per un principiante
cuoco!
“Ehi, ce n’è un altro,
laggiù,” disse Craig.
Harold lo vide, e quello era
proprio una colonna nera, gemella della prima. “Due incendi!” esclamò. “Capo…”
Craig annuì e mise mano al
comunicatore da polso…che si attivò con un cicalio nello stesso momento.
“Parla Big Bertha,” disse la voce, ora meno sexy, di Ashley, “Parlo a nome
del nostro imbranato pelosone, che ancora rifiuta di portare un comunicatore…”
ringhio di sottofondo, suono di ceffone, uggiolio. “E fammi lavorare, no?
Insomma, insieme all’odore di fumo sente anche odore di combustibile.”
“Ho pochi dubbi che sia
doloso,” disse Harold, togliendosi gli abiti civili, per rivelare il costume
blu e e nero di Flatman. “Due incendi
contemporaneamente difficilmente sono un caso, e non con una simile potenza.”
Spogliandosi
a sua volta, Craig, cioè Mister Immortal,
disse, “Nella direzione di un incendio dovremmo avere già Thundersword e Doorman.
Bertha, i turisti se ne stanno andando?”
“Come cervi di fronte a un
branco di lupi,” disse la donna, che ora sembrava la sorella gemella del
mutante Blob. Al ringhio di
avvertimento del lupo accanto a lei, borbottò un “Scusa.”
“Bene. Assicuratevi che non
ingolfino il parcheggio, o resteranno prigionieri. Noialtri penseremo a
prendere i responsabili e trovare i turisti che potrebbero essere rimasti
intrappolati dal fuoco. Vendicatori,
uniti!”
“Almeno
sa dirlo bene,” disse lei. “OK, lupo: come te la cavi a sollevamento pesi?”
“FUOCO!” l’urlo arrivò come
una bomba nel mezzo del party. Cadwell, che aveva il classico berretto da cuoco
e un grosso grembiule con su scritto ‘Baciate il Cuoco’, voltò a più riprese la
testa. “Fuoco? Dove?” Dimenticandosi dell’hamburger da tre dita che era nel
mezzo di un triplo carpiato da maestro. La carne piombò sulla cima del
cappello, facendolo ‘sedere’.
Il giovane di colore che rispondeva
al nome di Hollis deMeere gli si
avvicinò trafelato. Mentre l’altro si toglieva il cappello dagli occhi, Hollis
disse, “È vero: sta arrivando un muro di fiamme! Dobbiamo squagliarcela, o…”
“Fuggire? Hah! Dobbiamo
pensare piuttosto a portare in salvo i turisti e spegnere le fiamme! Siamo
Vendicatori o no?”
Hollis osservò mestamente il
fuoco che avanzava. Sembrava una cosa viva
-ma chi cavolo c’era dietro? La Torcia
Umana?
La gente se la stava squagliando
con ogni mezzo possibile. Almeno le macchine erano a portata di mano, e salvo
qualche tamponamento e fanali rotti, il campeggio si evacuò da solo e in
fretta.
Sotto gli occhi di un ragazzo
che, con sommo sprezzo del pericolo, o per incosciente sogno di gloria, stava
filmando la scena con una videocamera, Stewart si tolse il grembiule con un
gesto teatrale. “Bene. E ora, facciamo vedere di che pasta siamo fatti! Stai
indietro, Hollis.”
Hollis obbedì; Stewart
afferrò il pendente -un cubo trasparente in cui era incastonato un fulmine- che
fu il suo Premio Shazam, lo sollevò
al cielo e disse, “A me il Potere!”
“Guarda che quella frase ha
il…” Hollis non fece in tempo a finire, che un fulmine con i fiocchi investì
Stewart. La luce fu talmente intensa che l’uomo vi scomparve dentro, e il
casino che fece fu sufficiente a portare alla sordità. “…copyright.”
“Una frase appropriata resta
una frase appropriata,” disse Thundersword,
avvolto nella sua armatura d’oro.
“I miei occhi, sono cieco
sono cieco!” stava urlando il povero turista, contorcendosi al suolo -pessima
idea, quella di filmare la ‘trasformazione’ senza un adeguato filtro
sull’obiettivo!
T-Sword fece un sorriso
‘dentato’. “Doorman, carissimo amico e compagno d’arme…Non potresti mica..?”
Una specie di macchia nera,
come un Sole al negativo apparve sul torace di Hollis. La macchia si espanse
velocemente, irradiando, fino a quando non ebbe coperto l’intero corpo,
lasciando al posto degli occhi due romboidi bianchi. “Lo salvo per primo,
tranquillo…sperando che non ci sguinzagli gli avvocati.”
“Appunto. Dicevo…” passò
subito a mormorargli l’eroe in oro là dove dovrebbe esserci l’orecchio, “…non è
che ti è capitato che qualcuno resti, per così dire, ‘perso’…”
Doorman fece subito ‘no-no’.
“Ho imparato a concentrarmi sul punto di arrivo, quindi, ora scusami…” si
sdraiò sul cristo agonizzante, che scomparve
nella distorsione spaziale che era il corpo dell’eroe. “Fatto. E ora…” In quel
momento, suonò il comunicatore del Vendicatore dorato: era Immortal, con le
istruzioni sul da farsi. Terminato il resoconto, Doorman disse, “Ricevuto,
capo. Lo spegneremo in un baleno. Coraggio, Stu, si va!”
Thundersword lo guardò volare
via -lasciandosi ‘attraversare’ dalla gravità- e scosse mestamente la testa.
“Quando impareranno questi ragazzi che un avvocato vale più di mille atti
d’onore…”
“Hai detto qualcosa?” fece
Immortal.
“Eeep!” si affrettò a
chiudere il comunicatore, per poi urlare, “Fido
Boronin, a me!”
Altro colpo di fulmine, ed
altri piccoli principi di incendio nel prato del parcheggio. Thundersword si
affrettò a pestare i focolai, non senza qualche intraducibile imprecazione, e
finalmente saltò in sella al pegaso bardato. Spiegate le ali, Boronin decollò,
e l’eroe ebbe modo di apprezzare il terribile spettacolo delle fiamme che si
estendevano velocemente per ogni dove. “Sembra una stella di fuoco. Mai visto
un fiero incendio spargersi in siffatta guisa.”
“A chi lo dici,” disse
Doorman. “Se riuscissimo almeno a localizzare…Guarda!”
Thundersword seguì il dito,
concentrando il proprio sguardo attraverso la visiera a specchio, verso la
nuova, anomala lingua di fuoco che si era appena estesa dal corpo
dell’incendio; il suo potere filtrò il bagliore delle fiamme, e… “Misericordia!
C’è un mortale, là dentro! È lui che
attizza il fuoco!”
“Lo hai detto, campione. Io
vado a dargli una sistematina, tu preparati a fare venire giù un po’ di
pioggia, ma solo al mio segnale.” Prima che TS potesse rispondere, Doorman
stava già scendendo verso il criminale.
“AHAHAHAHAH! Brucia, maledetta
sterpaglia, brucia e fammi felice! Cosììì!” L’uomo aveva la costituzione di un
gorilla, tozzo e sgraziato. Indossava una tuta di materiale isolante -mica era
fesso, l’amianto faceva male!- e fra le mani reggeva un mostruoso lanciafiamme
collegato allo zaino maxi che reggeva sulle spalle. Dalla sua arma partivano
bordate di fuoco che avrebbero fatto molto felice un pompiere di Ray Bradbury.
Il gorilla piromane fece una
rapida pausa per buttare giù una merendina[i] Hostess,
poi settò il cannone per fare un vero
falò. Questo era stato solo un assaggino, tanto per gradire…
Puntò il cannone. Avrebbe
lasciato il suo marchio fino in Canada, sì; a quel punto, lui e il suo socio
avrebbero potuto diventare straricchi per davvero!
Premette il grilletto.
*pif* una miserabile
gocciolina di combustibile colò dalla bocca del cannone.
“Come sarebbe a dire ‘pif’?”
il piromane ripremette il grilletto più volte, ma niente di niente. “Ma per la
mi*°ç#! Vedi un po’ che succede a comprare la roba dai Cinesi!”
“Eh, sì, proprio un casino
fidarsi dei prodotti sottocosto,” concordò qualcuno dietro di lui.
“Hai ragione, amico,” disse
il gorilla, occhieggiando dentro la sua arma. “Ma sai com’è, il Riparatore
ormai ha delle tariffe impossibi…EHI!” Voltò la testa di scatto. “L’Uomo Ragno? E che ci fai qui?”
“Risposta sbagliata, bello,”
disse Doorman. Le sue mani erano infilate nello zaino alimentatore. “E poi, il
mio non è un costume. Vedi, in questo momento tutto il tuo carburante se ne sta
andando attraverso le mie mani da qualche parte nello spazio. Insomma, quella
gocciolina era tutto quello che ti è rimasto.”
“Io…”
Un
sonoro cazzotto alla mascella grossa ma di vetro lo stese a dovere. “Fesso.”
Poi voltò la testa verso l’alto: era un tuono quello che aveva appena
sentito..?
Moonfang correva come il
vento; accanto a lui, una grossa palla blu faceva fatica a tenere il passo a
suon di rimbalzi. Sottofondo: theme de ‘il Prigioniero’.
“È da questa parte,” disse il
licantropo, incurante delle fiamme che ormai erano abbastanza vicine da
stordire un uomo. Teoricamente, Flatman e Immortal sarebbero bastati allo
scopo, ma senza i preziosi sensi del loro compagno, tanto valeva lasciare che
l’incendio divampasse!
Ad un certo punto, Moonfang
si fermò. “È dritto davanti a voi. Non potete sbagliarvi.”
“Fa troppo caldo, anche per
il costume isolante!” la bolla si sciolse, rivelando Immortal.
“Non importa,” fece lui,
avanzando verso il muro di fuoco. “In fondo, è un buon giorno per
morire…Piuttosto, ‘Fang, sei sicuro che lì ci sia il colpevole e non un
poveraccio nei guai?”
“Tranquillo capo, il muso
ispiratore dell’autore mi ha detto che vule farla finita presto, qui.
Immortal scroccò le dita.
“Benissimo. Nel qual caso…Banzai!” e partì di corsa.
Loro lo videro sparire nelle
fiamme. Moonfang deglutì. “Secondo te ce la fa a resuscitare?”
Flatman era pensoso. “Senza
dubbio. Mi chiedo piuttosto quanto ci metterà per morire…” diede un’occhiata al
suo orologio. “Non è mai stato sottoposto a sollecitazioni continue, è sempre
stato un evento isolato...Sai, mi chiedo se quelle crisi di berserk non abbiano
una qualche specifica funzione. Craig mi ha detto che la prima è giunta con la
pubertà; magari è solo un caso, ma non voglio escludere…
In quel momento, si udì un
urlo più simile al ruggito di una belva con la rabbia, che di un essere umano.
Poco dopo, si udì una seconda voce. “E tu chi sei? Cazzo, non può essere!
Brucia, maledetto, brucia! Ehi, fermo! Aspetta, la vuoi una merendina[ii]..?AAARGH!”
Quello che seguì non può essere descritto a causa delle fiamme, ma di sicuro
fece venire i brividi persino a Moonfang. Suoni di sinistri laceramenti, di
mozzichi, di scazzottate, di una nenia di Raul Casadei, e soprattutto di molte,
inutili preghiere ed implorazioni. A intervalli regolari, un dente insanguinato,
o un pezzo d’orecchio, o un occhio, schizzavano via dalle fiamme. Con molta
discrezione, Flatman li raccoglieva per rimettere assieme il malcapitato
piromane.
In quel momento, il cielo si riempì
del rumore del tuono. Due teste si sollevarono a guardare verso il sipario di
nere nuvole appena apparso in cielo. Un attimo dopo, quelle nuvole scaricarono
una pioggia degna di un acquazzone tropicale.
Dalle fiamme, ormai ridotte
ad una frazione della loro forza, emerse Mr. Immortal, fresco come una rosa e
con in spalla un corpo vestito di giallo e rosso -per quel poco che era rimasto
del costume; il resto era tutta una massa tumefatta e sanguinolenta.
Immortal gettò a terra il
piromane. “Si chiama Hotshot; lui ed
il suo compare Blowtorch, che è di
Chicago, si sono incontrati in una mailing list di piromani, e hanno deciso di
fare una scommessa: vedere chi di loro due per primo bruciava questo parco. E
poi dicono che lo svitato sono %&$* io!”
Flatman disse, “A proposito,
gli altri hanno comunicato di avere preso Blowtorch...”
“Magnifico. Adesso
impacchettiamoli per bene, che ho voglia di godermeli
questi ultimi giorni di ferie.”
La pioggia spense le ultime
fiamme. Flatman, vedendo che se anche il costume di Immortal era rimasto
intatto, così non era stato per il comunicatore, usò il proprio per dire a
Thundersword, “Ottimo lavoro, Stewart. Adesso puoi interrompere la pioggia.”
In tutta risposta, la
pioggia, semmai, si intensificò!
“Uhm, Stu..?”
“Mi dispiace, ma non ci
riesco,” disse la voce di Thundersword. “Insomma, il fatto è che è la prima volta, e…”
“Stu, non mi dire quello che
temo tu ci voglia dire,” disse Immortal.
“Non posso proprio fermarla,
mi dispiace. Anzi, temo di stare succhiando via molta umidità atmosferica dal
resto del pianeta…forse in Europa cominceranno a sentire un po’ più di caldo…”
Immortal non disse nulla, ma
gli altri furono sicuri che quelle che colarono lungo il viso fossero lacrime e
non acqua…